Nicola Samorì a Pesaro
Cinque grandi sculture lignee svettano lungo la navata porticata. Sono queste ad attirare immediatamente il mio sguardo, una volta entrata al Centro arti visive Pescheria di Pesaro che ospita la mostra personale di Nicola Samorì, curata da Marcello Smarrelli. Si tratta di esili figure antropomorfe, quasi divine, che ricordano i resti di un relitto abbandonato sulla spiaggia e modellato da vento, acqua e sale. Proprio l’acqua è uno dei temi della mostra; elemento di vita ma anche forza capace di erodere e trasfigurare tutto ciò che sommerge. Ė presente, come omaggio alla città di Pesaro, anche nelle marine che tracciano lungo la parete un’unica continua linea d’orizzonte, composta sia da dipinti appartenenti alla collezione dei Musei Civici, sia da tre paesaggi minimali realizzati per l’occasione da Samorì.
L’azione della natura è protagonista anche nell’opera “Lingua Greca” un ritratto di Canova caratterizzato da uno squarcio sul volto che ci permette di osservare la concrezione presente nel blocco di onice. Paziente sedimentazione della materia avvenuta durante i secoli che si confronta con la componente esterna scolpita dall’artista.
Ė tuttavia nella Ex chiesa del Suffragio, attraversata dal visitatore solo in un secondo momento, che il titolo delle mostra assume con più forza il suo significato. La serie di martiri, dai corpi violati e torturati che popolano le dieci pareti, dialoga con il frammento del Crespi “Cristo e il manigoldo”. Allo stesso modo in cui quest’ultimo è stato consumato dalla storia e dagli eventi, anche Samorì dilava e aggredisce la sua stessa pittura in un moto che precede l’azione del tempo. L’artista medesimo è artefice della distruzione delle proprie immagini, oscillando costantemente tra la creazione di opere, che riprendono la tradizionale tecnica pittorica, e la loro successiva distruzione. Solo sacrificando se stessi si giunge ad un significato più profondo. Sotto questa luce anche la scultura lignea posta al centro della Chiesa, seppure analoga alle precedenti, assume un inedito significato e diviene cero pasquale pronto a consumarsi per fare luce.
Se nella prima sala il confronto era tra l’azione dell’uomo e della natura, qui potremmo parlare dell’azione dell’uomo confrontata a quella del tempo e della storia. Ciò è particolarmente evidente nel piccolo ovale dal titolo “Corpus Domini” in cui i momenti della natività e della pietà vengono fusi. La pittura “spellata” distrugge il volto della vergine e diviene sudario che avvolge i corpi in un’estrema azione di protezione; una lotta contro il destino già segnato del Cristo
Si tratta di una mostra forse ambiziosa che, come lo stesso curatore ammette con ironia, chiama a raccolta i santi, la storia, la città e il patrimonio. Il risultato è, in ogni caso, un corpus di opere che può essere letto come un’intera installazione, capace di creare una narrazione omogenea, entro la quale il visitatore è chiamato a scoprire i diversi livelli di lettura.
Nicola Samorì. La candela per far luce deve consumarsi A cura di Marcello Smarrelli Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro 7/07/2017 – 01/10/2017