Nuovi sguardi sullo spazio urbano
Oggi una grande metropoli accoglie e divide tutte le varietà e le disuguaglianze del mondo. E’ una città-mondo. – Marc Augè
Negli ultimi anni sta nuovamente acquisendo notevole importanza il dibattito attorno all’arte pubblica.Ciò è, probabilmente, dovuto ai cambiamenti fisici, economici e sociali in atto; sono diminuiti gli abitanti in favore di un progressivo aumento della popolazione nei piccoli centri, si sono dissolti i confini della città, lasciando spazi periferici labili e a geometria variabile che hanno visto emergere progressivamente complesse problematiche legate alla globalizzazione, all’identità e alla perdita di luoghi simbolici, punto di riferimento per le comunità. La città postmoderna non può più essere trattata come un’entità fissa ma è in costante mutamento. Tutto ciò ha messo fortemente in discussione i tradizionali strumenti urbanistici nell’analisi della città e ha reso necessaria la riscoperta di sguardi non convenzionali; in questo senso le pratiche artistiche possono, certamente, essere fonte di nuove chiavi interpretative. Ma facciamo un piccolo passo indietro: quando parliamo di arte pubblica a cosa stiamo facendo riferimento? Quali sono i pubblici a cui ci rivolgiamo? In che modo l’artista può intervenire coinvolgendo le comunità?
All’interno di questa denominazione generica ricadono, infatti, una pluralità di esperienze molto diverse tra loro che, nonostante agiscano tutte nello spazio pubblico, hanno però differenti approcci e ricadute sul territorio. La complessità del tema non permette una definizione conclusiva ma cercheremo di approfondire questa tematica trattando varie sfaccettature dell’argomento in riferimento a opere ed esperienze specifiche. Possiamo però chiarire fin d’ora che, per poter parlare di arte pubblica, non è sufficiente collocare un’opera nello spazio pubblico. L’ esperienza isolata e sporadica, nella maggior parte dei casi, non è in grado di incidere significativamente all’interno del tessuto urbano ma spesso finisce per essere poco legata al contesto e insufficiente a determinare una vera riacquisizione degli spazi da parte delle comunità che li vivono. Interventi di questo genere, infatti, non di rado suscitano dibattiti e polemiche, questo perchè quando si tratta di intervenire nella città, occupandone spazi significativi(spesso con volumi non indifferenti) la percezione dei luoghi cambia, andando a scontrarsi con la sensibilità comune. Si pensi ad esempio al recente dibattito creatosi attorno all’opera “La Mela Reintegrata” di Pistoletto, istallata nel piazzale antistante la stazione Centrale di Milano.Ciò a cui invece ci riferiamo sono esperienze che innescano interazioni attive con la popolazione locale finalizzate alla riconquista della memoria collettiva e ad una reinterpretazione dei luoghi, in grado di stimolare un ritrovato senso di appartenenza. La città non è più solamente uno sfondo o un contesto ma diviene oggetto dell’esperienza stessa
In questo senso l’arte soprattutto in forma partecipata e relazionale diventa elemento fondamentale di analisi e decodifica dei cambiamenti in atto e, spesso, anche motore di riattivazione dal basso di memorie collettive, utili a sciogliere conflitti nella comunità e a evidenziare il potenziale creativo di spazi di cui si è persa la funzione pubblica e aggregativa. Va sottolineato l’emergere negli ultimi anni di alcune esperienze temporanee e spontanee legate alle pratiche del camminare (e dell’ errare) come strumento di analisi e ridefinizione di luoghi marginali. Queste hanno come riferimento le “visite ai luoghi banali” dei Dada, le deambulazioni surrealiste, la città inconscia di Breton e le mappe psicogeografiche situazioniste fino ad arrivare alle pratiche artistiche messe in atto in Italia negli anni ‘60 e ‘70. Ma anche in questo caso le tematiche di discussione sono ampie. Ad esempio fino a che punto l’artista che interviene nello spazio può mantenere la propria autonomia creativa? E quale è la relazione che intercorre tra l’artista e i protagonisti della progettazione urbana? In riferimento a quest’ultimo tema è sempre bene sottolineare che l’arte deve rivendicare il proprio carattere autonomo rispetto alle questioni urbanistiche e progettuali. L’arte apre nuove questioni, ci svela nuovi punti di vista e chiavi di lettura, ci spinge a riflettere su problematiche ancora inespresse, ma spetta poi ad altre figure professionali l’azione di riqualificazione territoriale.